“PANAMA PAPERS” e “VOLUNTARY BIS”
“PANAMA PAPERS” e “VOLUNTARY BIS”: Cosa si rischia e come prevenire e minimizzare i problemi penali e fiscali
Deutsche Bank, HSBC, Société Générale, Credit Suisse, UBS, Commerzbank con altre grandi istituzioni finanziarie mondiali avevano scelto Mossack Fonseca, uno studio legale panamense, per costituire e domiciliare società offshore con sedi in paradisi fiscali tra cui le British Virgin Islands, Seychelles, Bahamas, Belize, Samoa e Panama.
Ecco perché questa sembra essere la madre di tutte le liste: 11,5 milioni di documenti confidenziali, 214 mila società off-shore, fondazioni, trusts e società localizzate inPaesi a fiscalità privilegiata includendo le identità degli azionisti e dei manager.
Circa 800, per ora, gli italiani il cui nome è contenuto nei files dei cd.Panama Papers, che, come altri più o meno illustri contribuenti stranieri, dagli anni ‘70 ad oggi, per il tramite dello studio legale panamense Mossack e Fonseca, hanno occultato al Fisco e sottratto a tassazione cospicui flussi finanziari, anche di derivazione illecita
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RISCHI
Come annunciato, i controlli della Guardia di Finanzia saranno serrati.
Ci siamo già passati! Analogamente a quanto avvenuto con la Lista Falciani, l’Amministrazione Finanziaria avrà dunque le prove per contestare ai contribuenti interessati la disponibilità dei patrimoni esteri (formalmente intestati alle società offshore) e l’omessa compilazione del quadro RW della dichiarazione dei redditi con l’irrogazione di sanzioni dal 6% al 30% dei capitali non dichiarati. Tali sanzioni possono essere irrogate per ogni periodo di imposta in modo retroattivo fino a 10 anni in caso di attività detenute nei paradisi fiscali.
L’Agenzia delle Entrate ha richiesto di conoscere la lista dei soggetti italiani titolari di società offshore e come reso noto da un comunicato stampa del Comando Generale della Guardia di Finanza, – i militari della Fiamme Gialle sono già sulle tracce degli italiani inclusi nelle liste dei Panama Papers.
Inoltre l’Agenzia delle Entrate potrà recuperare a tassazione l’intero patrimonio estero avvalendosi della presunzione che esso sia stato costituito mediante redditi sottratti a tassazione.
I rischi maggiori riguardano l’aspetto penale della vicenda, la Procura della Repubblica potrà contestare ai titolari delle società offshore il reato di auto riciclaggio che prevede dai 2 agli 8 anni di reclusione, integrato dal mero utilizzo dei capitali detenuti in violazione degli obblighi sul monitoraggio fiscale e non regolarizzati oltre al reato di dichiarazione infedele, da 1 a 3 anni di reclusione, nella ovvia ipotesi si superino le soglie di punibilità.
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“VOLUNTARY BIS”
Il caso Panama Papers, infatti, riporta all’attenzione la possibilità emersa, nel corso del question time dello scorso 21 aprile, in cui Viceministro dell’Economia Enrico Zanetti non ha escluso la riapertura di una procedura di collaborazione volontaria per il rientro dei capitali dall’estero, da attuare sulla falsariga di quella 2015 conclusasi con successo.
Se l’iniziativa, per ora solo ventilata, venisse ufficializzata, si rivelerebbe un’importante – se non l’unica – àncora di salvezza per gli Italiani caduti nella rete dei Panama Papers. Essi, infatti, beneficerebbero della non punibilità – riconosciuta dalla legge agli aderenti alla voluntaty disclousure – oltre che per i reati fiscali, anche per i delitti di riciclaggio, impiego di denaro di provenienza illecita e autoriciclaggio.
In mancanza, avrebbero a disposizione solo il ravvedimento lungo che, tuttavia, non neutralizza la rilevanza penale della condotta né per i “ravveduti”, né per eventuali soggetti collegati (quali consulenti, professionisti o intermediari).
Viste, allora, le notizie sicuramente non confortanti provenienti dalle Procure, l’avvio di una voluntary-bis rappresenterebbe per i “malcapitati” evasori un’occasione certamente da non sottovalutare.
Il disegno di legge di ratifica della Convenzione tra Italia e Panama contro le doppie imposizioni, approvato il 17 maggio dalla Camera, cancella il segreto bancario nei rapporti tra i due Stati assicurando «lo scambio di informazioni in materia fiscale e finanziaria tra le autorità competenti dei due Stati». Non solo. Con l’approvazione della Convenzione il fisco italiano potrà inoltrate richieste di informazione relative a qualsiasi data «entro i tre anni precedenti all’entrata in vigore della Convenzione stessa».
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